lunedì 7 aprile 2014

Crisi? Si ma quella delle Famiglie

Gli italiani sono sempre più in rosso e non pagano più.
Nel cassetto finiscono la rata del mutuo o l’affitto ma anche le bollette per beni di prima necessità come acqua, luce e gas, anche il consumo di latte, pane, pasta, poi la carne è un lusso per pochi.
La montagna degli insoluti è sempre maggiore.
Ad oggi la classe povera non è più rivolta all'estracomunitario o al rom, il pensionato, risaputo anello debole del sistema societario, ma ha colpito in maniera dvastante il ceto medio, un rapporto della CARITAS del 2014 riporta dati che definirli allarmanti è estremamente riduttivo.
Cresce la percentuale di persone in situazione di povertà, che nel 2012 erano il 30,4% il 66% di chi chiede aiuto dichiara di non riuscire a provvedere all'acquisto dei beni di prima necessità.
Sono perlopiù italiani, divisi equamente tra uomini e donne.
Cresce la povertà infantile, di oltre cinque punti superiore alla media europea, questa è la fotografia ad oggi.
Rapporto 2014 della Caritas italiana sulla povertà e l'esclusione sociale intitolato “False partenze”, in occasione del convegno nazionale delle Caritas Diocesane.
La Caritas sottolinea, come in particolare l’innalzamento dell’età pensionabile e il mancato adeguamento di sei milioni di pensioni ai cambiamenti del costo della vita abbiano avuto un impatto negativo sulle famiglie italiane.

 
In un periodo in cui i giovani trovano con difficoltà lavoro e sono in gran numero disoccupati, facendo quindi diventare il contributo dei pensionati ai redditi familiari ancora più importante.
Un record di crescita negativo, l’Italia lo fa registrare per la percentuale di persone in situazione di povertà, che nel 2012 erano il 30,4% (18,5 milioni), al ventunesimo posto nella classifica dei paesi peggiori per quanto riguarda questo indicatore nell’UE a 28.
Fra il 2010 e il 2011, nessuno Stato membro ha registrato una crescita dei poveri alta come quella verificatasi in italia.
Come se non bastasse, mentre in Italia è molto alto il rischio di trovarsi in situazione di povertà, è molto difficile poi uscirne.
Si registrano altri nuovi poveri che sono quelli che escono dopo la rottura dei rapporti coniugali, infatti, il 66,1% dei separati che si rivolgono alla Caritas dichiara di non riuscire a provvedere all'acquisto dei beni di prima necessità. Prima della separazione erano solo il 23,7 per cento.
Il peggio, poi, è che le previsioni per quest’anno sono di un ulteriore balzo in avanti delle pratiche affidate al recupero crediti (+6-8%).
Tra le regioni più indebitate Sicilia, Campania, Lombardia, Lazio e Puglia.
E tornano in gran voga le famigerate cambiali.
A fotografare l’Italia del debito non pagato sono i dati diffusi oggi dall’Unirec, l’associazione che riunisce le principali società di recupero crediti, circa 200 che corrispondono al 90% del settore.
Gli agenti delle società di recupero, dice il Rapporto 2013, hanno ormai tra le mani 3 milioni di pratiche al mese relative a debiti non pagati da famiglie e imprese che faticano sempre di più a onorare le proprie obbligazioni e rimborsare i prestiti contratti, in una situazione che assume sempre più i contorni 
dell’emergenza sociale. 
 

Una vera e propria catastrofe.
L’ammontare di crediti scaduti e non pagati affidati alle aziende di riscossione è salito a 35 milioni di pratiche affidate, le pratiche relative alle sole famiglie sono 29 milioni, pari a 24 miliardi di euro.
La composizione indica in 25,4 miliardi le pendenze con il settore bancario e finanziario relative a rate di prestiti, acquisto di beni di largo consumo, rate di mutui, scoperti bancari, certe di credito revolving e canoni leasing.
Bollette insolute per beni di prima necessità come luce, acqua, gas e telefono pesano per 14,6 miliardi.
A questa situazione, di per sé allarmante, va aggiunto il dato che segnala un mutamento significativo, anche dal punto di vista del costume sociale, del forte ritorno all’uso delle cambiali. 
 
L’ultima cattiva notizia è che, nonostante l’aumento dei crediti insoluti, le previsioni di incasso dei recuperatori professionali sono negative: aumenta cioé il differenziale tra affidamenti ed effettivi recuperi (-11%).
 
Naturalmente tale situazione è stata determinata da anni e anni di belle parole, la crisi non “ESISTE”, di “RI-PRESA”, di “LUCE IN FONDO AL TUNNEL”, di “CRESCITA”.
In questo paradosso tipico di noi italiani la crisi è stata assorbita dalla classe media che oggi è la classe povera.
Bisognava intervenire molto tempo fa, ma il risultato è stato un vero immobilismo.
Il vero problema è di una classe dirigente oramai da lungo lunghissimo tempo scollata dalla realtà. 
Di una inadeguatezza imbarazzante che vive di proclami, di vantaggi e agevolazioni.
Questo è il vero dramma dell'Italia, ancora oggi la luce che vediamo in fondo al tunnel è il treno che ci sta venendo in contro. 

T.P. 

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