Entrando
a Cinecittà si ha l’impressione di toccare un sogno.
Un
sogno che ha percorso più di settanti anni di storia, di sogni e di
grandi successi.
La
storia di Cinecittà ha inizio nel 1937.
Il
progetto viene affidato all’ingegnere Carlo Roncoroni e
all’architetto Gino Peressutti.
Sono
molte le star nazionali a nascere e a coltivare il proprio talento
all’interno degli studi.
Finita
la guerra, per Cinecittà inizia un periodo stabile e fiorente, ricco
delle produzioni più celebri al mondo.
Le
porte degli studi vengono aperte al cinema americano e con la
realizzazione di set imponenti come quelli di Quo
vadis? o di
Ben Hur Cinecittà
ottiene la qualifica di “Hollywood sul Tevere”. Impazza la
“DolceVita” e Roma si popola di star sia italiane che americane.
Con
gli anni ’70 per Cinecittà inizia una stagione cinematografica che
ha lasciato segni indelebili non solo all’interno degli studi, ma
anche nell’immaginario collettivo.
Il
cinema italiano, infatti, grazie ai capolavori di Fellini, alla
grandi realizzazioni di Luchino Visconti, all’eclettismo di
Pasolini, alla genialità di Ettore Scola, Comencini, Zurlini e tanti
altri, avrà un’eco e un clamore a livello mondiale.
Oggi
quel
sogno riscia di rimanere sogno.
Gli
“Studios” non vivono un bel periodo.
I
lavoratori di Cinecittà e la rete territoriale di associazioni e
comitati Cinecittà Bene Comune, durante la prima dello spettacolo di
Christian De Sica dal titolo "Cinecittà", lanciano la
manifestazione per salvare gli storici studi di via Tuscolana dal
piano di Abete, contestato durante l'evento, che prevede la
dismissione delle attività cinematografiche per far posto a un piano
che prevede 400.000 metri cubi di cemento per mansioni commerciali e
di intrattenimento.
Toriniamo
indietro ma cosa è successo?
Gli
Studios di Cinecittà in
via Tuscolana a Roma,
sono destinati a far posto ad un altro tipo di intrattenimento e
svago: alberghi, ristoranti, palestre, beauty farm, piscine.
Un
progetto avviato già tre anni fa da Luigi Abete, numero uno di Bnl e
patron della IEG, Italian Entertainment Group “la holding che
controlla la Cinecittà Studios Spa”, e che adesso sta per
diventare realtà. Non è finita, perché a Castel Romano, dove Dino
De Laurentiis costruì i suoi teatri di posa, sorgerà un grande
parco divertimenti a tema.
Per
rilanciare il settore e l’azienda, ecco il nuovo piano industriale
di Abete & Company: far sorgere proprio nell’area degli studi
di via Tuscolana un complesso immobiliare dotato di un albergo 5
stelle, centri wellness, parcheggi, punti di ristorazione, insieme a
un nuovo teatro di posa.
Il
secondo step del progetto prevede invece la costruzione di un “DCM”,
Distretto del cinema e del multimediale.
Per
la IEG il cinema sembra non essere più un settore proficuo.
L’incubo
di vedere sparire per sempre quel mondo, ribattezzato fabbrica dei
sogni, e nascere un altro “dove
la finzione del cinema diventa realtà” si avvicina, dunque,
sempre più.
Si
apre uno spiraglio sul tormentato futuro di Cinecittà.
E
lo spiraglio si chiama Rai.
La
Tv di Stato potrebbe infatti essere il nuovo partner di Cinecittà
Studios.
L'ingresso della Rai a Cinecittà, sostenuto dal Mibact e da Cinecittà-Luce, la società che è proprietaria dei prestigiosi capannoni, sarebbe confermato anche da una necessità: la Rai cerca studi di registrazione perché per parecchi mesi, dovrà rinunciare agli spazi della Dear (acquistati anni fa dalla famiglia Haggiag), dove oggi vengono realizzati i più importanti programmi.
Invece
che pensare a un semplice affitto, in viale Mazzini stanno, appunto,
valutando di partecipare direttamente alla gestione degli
stabilimenti di Cinecittà.
Il progetto “Rai a Cinecittà” è visto positivamente perché produrrebbe una rapida crescita del fatturato degli studi, invertendo la tendenza alla delocalizzazione delle produzioni e garantirebbe la salvaguardia della “mission” storica degli stabilimenti, che proprio di recente il neoministro del Mibact Dario Franceschini ha assicurato di voler garantire.
Al
momento, la situazione di Cinecittà continua ad essere preoccupante:
progressiva contrazione dei ricavi; bilancio in perdita; morosità di
Cinecittà Studios nel pagamento dell'affitto alla proprietà degli
stabilimenti; rapporti perennemente conflittuali con i dipendenti.
“Alla fine del 2012 - denuncia Manuela Calandrini, rappresentante
del RSU di Cinecittà Studios - avevamo accettato di sottoscrivere un
contratto di solidarietà con una decurtazione dello stipendio del
40%, in cambio dell'assicurazione di un investimento di 7 milioni di
euro da destinare alla modernizzazione del sito, al fine di renderlo
nuovamente competitivo. I contratti sono scattati, gli investimenti
non si sono visti. La cessione del ramo d'azienda dello stabilimento
di sviluppo e stampa alla Deluxe, decisa da Abete, che avrebbe dovuto
attrarre fatturato, ha prodotto solo licenziamenti; la mancanza di
una politica dei prezzi ha allontanato da Cinecittà le produzioni
nazionali. Ci sentiamo presi in giro».
Alle proteste dei lavoratori si sono aggiunte di recente quelle degli autori di cinema, a cominciare da Ettore Scola, uno dei pochi registi che continua a girare i suoi film nei gloriosi teatri di via Tuscolana. «Lo scorso anno per 'Che strano chiamarsi Federico' -racconta - ho avuto accanto maestranze preparate ed entusiaste, ho lavorato all'interno di una struttura di grande qualità, il Teatro 5, ma tutto attorno suscitava malinconia. Mura crollate, rifiuti, asfalto dei viali completamente distrutto dalle radici dei pini: sembrava di essere a Pompei. Inevitabilmente emerge il sospetto che il disinteresse nei confronti della struttura sia voluto per favorire future operazioni di speculazione edilizia, come il ventilato progetto di costruzione di un albergo”.
“Non è così - replica Giorgio Sotira, vicepresidente di Cinecittà Studios - . C'è un progetto di creare uno spazio per ospitare troupe straniere, ma sorgerà in un'area dismessa e non compromette il funzionamento degli studios. Il fatto è che Cinecittà è stata creata per ospitare produzioni ad alto budget, ma per far sì che i grandi film tornino da noi bisognerebbe consentire, innanzitutto, alle produzioni di poter usufruire del tax credit (compensa i debiti fiscali con l'investimento) senza fissare il tetto in 5 milioni. In altri paesi questi limiti non ci sono ed è logico che i produttori vadano dove risparmiano”.
La
domanda rimane sempre la stessa gli Studios alla fine che fine
faranno?
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