L'acquedotto
Alessandrino (Aqua Alexandrina), l'undicesimo acquedotto dell'antica
Roma, venne edificato
nel 226
dall'imperatore
Alessandro
Severo (11 marzo 222
– 19 marzo 235).
La
sua realizzazione era finalizzata all'approvvigionamento idrico delle
terme di
Nerone che, situate in Campo
Marzio presso il Pantheon
(circa nella zona occupata oggi da Palazzo
Madama), erano state radicalmente ristrutturate dallo stesso
imperatore, e che pertanto da allora assunsero anche la denominazione
di "terme
Alessandrine" (Thermae Alexandrinae).
Le
sue acque venivano captate da falde
acquifere in località “Pantano Borghese”, nei pressi del XIV
miglio dell'antica via
Prenestina, 3 km a nord dell'abitato di Colonna.
Da qui lo speco procedeva nuovamente interrato fino ad entrare in Roma nella zona cosiddetta ad spem veterem, nei pressi dell'attuale Porta Maggiore.
Rodolfo Lanciani, al riguardo, afferma che «...[l'acquedotto] penetrava in città a un livello di 3,18 m inferiore all'attuale soglia di Porta Maggiore», che era poi il livello di campagna dell'epoca. Nelle vicinanze doveva trovarsi la piscina limaria, il bacino di decantazione per la purificazione delle acque. Nessun altro avanzo del percorso è visibile all'interno della cinta delle Mura Aureliane.
L'acquedotto Alessandrino giungeva alle terme di Nerone dopo un percorso di circa 22 km. Si è calcolato che la portata giornaliera di acqua fosse pari a 21.632 m3, circa 250 litri al secondo.
Oggi le stesse sorgenti sono utilizzate dall'acquedotto dell'Acqua Felice, realizzato nel 1585 per volontà di papa Sisto V.
Certe volte la bellezza e la genialità della nostra splendida storia, di ciò che siamo, delle nostre radici, viene inspiegabilmente dimenticata. Non è questo il caso.
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