E se un giorno qualche burocrate dei piani alto-altissimi decidesse che in fondo all’uomo medio toccasse pagare “pure l’aria che respira”? Quante volte abbiamo sentito questa frase, quante volte cerando senza successo di decrittare le strane postille sulle nostre buste paga alla voce “tasse”, abbiamo avuto la sensazione che sì, dopotutto pagassimo il nostro sudato “benessere” fino all’ultimo spiccio. E se i confort della vita si allargassero improvvisamente anche ai sentimenti? Al sole, alla luna? Se la felicità la dovessimo saldare, ma davvero, a suon di cambiali, tarate sulle percentuali di libertà, creatività, pace interiore?
Succederebbe di vivere nel mondo immaginato da Paolo Triestino nella pièce “La vita a Rate”, in scena al Teatro della Cometa a Roma fino al 1 Giugno, dove orfano dello storico compare Pistoia, veste i panni non così assurdi di un agente di credito alle prese coi numeri in rosso di una coppia (Edy Angelillo-David Sebasti), costretta a fare letteralmente “i conti” con tutto il detraibile e indi superfluo dal suo pacchetto “full positive emotions”. A cosa si può rinunciare dopotutto? Al bene dei figli? 40 euro risparmiate, all’amante? Altre 50 in più, al saluto dei vicini? Al giardiniere? Alla cameriera? Altre duecento euro scalate, ma allora perché non anche la poesia, opzione così antica che ancora è espressa in lire, magari anche alle rose… E no le rose no! Almeno una teniamola, due euro di rosa e 4.000 lire di poesia, si può vivere di sole queste due cose?
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