Cattedrale nel deserto, monumento
allo spreco: non si è mai teneri ogni volta che si parla di lei o la si guarda; indubbiamente è un pugno in un occhio in mezzo all’agro romano, già massacrato da
abusivismo e condoni.
La Vela, progettata dall’archistar Calatrava ( quello
del Ponte della Musica, del grande Ponte sul Po a Reggio Emilia e del meno
fortunato Quarto Ponte sul Canal Grande, per i cui vizi di progettazione gli Enti Locali chiedono all’architetto
spagnolo un risarcimento di 3,4 milioni) costruita a Tor Vergata dal Gruppo
Caltagirone e commissionata da Walter Veltroni per i mondiali di nuoto 2009,
sarà forse parzialmente riconvertita ad uno scopo che potrebbe rendere giustizia a Roma ed ai romani. Il condizionale è d’obbligo, perché si tratta
di un progetto altamente innovativo, ambizioso, che aprirebbe un filone
tematico del tutto assente a Roma.
L’idea, proposta dal dipartimento di biologia dell’Università di Tor
Vergata, è quella di riqualificare
almeno l’area di 2 ettari sottostante la seconda vela, creando una mega serra,
laboratorio di studio sulla biodiversità e sulla conservazione della flora, in
particolare quella in via di estinzione.
Non un semplice orto botanico, dunque, ma un ambiente nel quale far confluire le più
moderne tecnologie in tema ambientale e botanico, per affrontare studi
interdisciplinari che coinvolgono anche ingegneria e medicina. Un progetto
ampio e complesso in parte ispirato ai famosi
Gardens by The Bay di Singapore
(foto), opera avveniristica visitata ogni anno da 4 milioni di persone.
Il bel progetto riguarderebbe come abbiamo detto solo una delle vele, mentre l’altro complesso rimarrebbe in attesa della sua prevista destinazione sportiva. Complicata la “carriera” della Vela come Citta dello Sport: mai utilizzata per i mondiali di nuoto e sprofondata nel dimenticatoio (e nel degrado, vedi foto), si riaffaccia alla ribalta con Alemanno che nel 2012 ne annuncia la rinascita grazie a presunti investimenti privati: in effetti il colosso svizzero Nec Group aveva espresso un interesse più che concreto, completamente sparito una volta sfumata la possibilità per Roma di ospitare le Olimpiadi 2020.
Vale la pena ricordare che nessuna delle opere progettate per i mondiali 2009 è stata sfruttata, i Poli natatori di Ostia e S. Paolo sono stati chiusi subito dopo i Mondiali e mai più riaperti, pur essendo costati più di 40 milioni di €. Non poteva essere diversamente visti i criteri con cui le opere erano state costruite: un esempio su tutti , la piscina di Ostia, le cui misure non conformi ai parametri olimpionici, hanno spinto gli organizzatori a dichiararla inutilizzabile alla vigilia delle gare….
Siamo d'accordissimo con questa riconversione. Siamo stati gli unici sul territorio contro questa piramide del faraone Veltroni. Siamo stati isolati per questo. Tutti contro di noi, compresi comitati di cittadini e associazioni storiche!!! Adesso ecco: bel risultato!
RispondiEliminaVerdi Settimo municipio di Roma
Una delle tante opere mai realizzate di un'Italia composta da opere incompiute...
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