giovedì 13 marzo 2014

Amendola racconta la realtà tra poesia e risate.


Ci ha colpito la prima opera da regista di Claudio Amendola,che neLA MOSSA DEL PINGUINO ha raccontato, scrivendone anche la sceneggiatura assieme al convincente Edoardo Leo, protagonista della gradevolissima commedia, una storia realistica,e nello stesso tempo improbabile come quella di partecipare alle Olimpiadi invernali di Torino del 2006 mettendo su da zero una squadra di Curling (vedi foto), sport che proprio nel capoluogo piemontese trovò la  sua definitiva consacrazione quale disciplina olimpica.


Il protagonista Bruno (Edoardo Leo), l’eterno Peter Pan in una società dove senza specifiche competenze trovare una lavoro serio è quasi una chimera, coinvolge l’amico da sempre, Salvatore (Ricky Menphis), nella folle idea di arrivare alle Olimpiadi attraverso questo nuovo sport, conosciuto casualmente attraverso la televisione.

Squattrinati, costretti a lavorare di notte nelle pulizie di un museo romano, coinvolgono in questo pazzo progetto, per formare la squadra di quattro atleti, due pensionati con ben altre esperienze alle spalle: il vigile Ottavio (Ennio Fantastichini), appassionato di bocce, e Neno (Antonello Fassari) ex mago del biliardo.
Ilarità e risate non mancano nei primi allenamenti sul ghiaccio, pieni di rovinose cadute, con buste di plastiche e pentole che sono le attrezzature di fortuna di questo quartetto che non ha le possibilità di comprare bastoni e stones professionali.
Commedia divertente ma che nello stesso fà riflettere su quei valori che Amendola di sicuro ha voluto sottolineare nella sua prima uscita dietro la macchina da ripresa: amicizia, sport, riscatto, responsabilità, agonismo, solidarietà.

Perché la componente sociale ed umana è alla base di questo film in una Roma popolare, difficile nel quotidiano, dove i problemi di sopravvivenza, per il lavoro, la casa, e le relazioni private, sono sempre in crescita.

Azzeccata la scelta di affidare a Edoardo Leo il ruolo di primo attore, che dopo “Smetto quando voglio” continua perfettamente a recitare la parte dell’eterno precario.
Commovente e bravoRicky Memphis che cura sino alla fine il padre malato, e con cui condivide amorevolmente l’hobby di pescare, con la fantasia, seduto sulle panchine di strada.
L’unica figura femminile è quella di Francesca Inaudi, moglie di Bruno, che nel film è la sola persona che ha davvero i piedi a terra, e che con tutti i mezzi lo richiama alle responsabilità di adulto.
Nota di merito per gli squarci di molti angoli di Roma, meno noti ma non per questo meno affascinanti (a cominciare dalla scena iniziale e finale del Gianicolo). Non saranno quelli patinati e turistici de “La Grande Bellezza”, ma per uno spettatore romano richiamano forse aspetti e ricordi più privati, e sentiti.

Alessandro Di Paola

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