giovedì 22 maggio 2014

Il condottiero del XX secolo: “Che Guevara”


L'odio come fattore di lotta, l'odio intransigente contro il nemico, che permette all'uomo di superare i suoi limiti naturali e lo trasforma in una efficace, violenta, selettiva e fredda macchina per uccidere. I nostri soldati devono essere così: un popolo senza odio non può distruggere un nemico brutale. Bisogna portare la guerra fin dove il nemico la porta: nelle sue case, nei suoi luoghi di divertimento. Renderla totale. Non bisogna lasciargli un minuto di tranquillità, bisogna farlo sentire come una belva braccata”.
Ernesto Guevara de la Serna è stato un rivoluzionario, guerrigliero, scrittore e medico argentino.
Nasce a Rosario in Argentina il 14 giugno 1928 e muore a La Higuera il 9 ottobre 1967.
Il soprannome di "Che" venne attribuito a Guevara dai compagni di lotta cubani in Guatemala, e deriva dal fatto che Guevara, come tutti gli argentini, pronunciava spesso la locuzione "che" usata per chiamare l'attenzione.
Nella prima metà del 1965 lasciò Cuba per attuare la Rivoluzione popolare in altri Paesi, prima nell'ex Congo Belga, poi in Bolivia. L'8 ottobre 1967 venne ferito e catturato da un reparto anti-guerriglia dell'esercito boliviano, il giorno successivo venne ucciso e mutilato delle mani nella scuola del villaggio. 


Il suo cadavere fu sepolto in un luogo segreto e ritrovato da una missione di antropologi forensi argentini e cubani nel 1997. Da allora i suoi resti si trovano nel Mausoleo di Santa Clara di Cuba.
Da giovane dopo aver visto la povertà di massa ed esser stato influenzato dalle letture sulle teorie marxiste, concluse che solo la rivoluzione avrebbe potuto risolvere le disuguaglianze sociali ed economiche dell'America Latina. Cominciò ad immaginare la possibilità di una Ibero - America unita e senza confini, legata da una stessa cultura, un'idea che assumerà notevole importanza nelle sue ultime attività rivoluzionarie.
Guevara si era recato per breve tempo in El Salvador per procurarsi un nuovo visto ed in seguito era ritornato in Guatemala. Nel frattempo, aveva avuto inizio il colpo di stato di Carlos Castillo Armas, messo in atto con l'appoggio della CIA.
A seguito del colpo di stato, Guevara si rifugiò nel consolato argentino e poi si trasferì in Messico.
Il colpo di Stato consolidò l'opinione di Guevara che gli Stati Uniti fossero una potenza imperialista, che si sarebbe sempre opposta ai governi intenzionati a ridurre le disparità economiche, endemiche in America Latina e negli altri paesi in via di sviluppo. Questo rafforzò ulteriormente la sua convinzione secondo cui solo il socialismo, raggiunto attraverso la lotta armata e difeso dal popolo in armi, avrebbe risolto i problemi dei paesi poveri.
Il 25 novembre 1956 la nave “Granma partì alla volta di Cuba da Tuxpan, Guevara, l'italiano Gino Donè Paro, il messicano Alfonso e il dominicano Ramon Mejías, erano i soli non cubani a bordo. Il 2 dicembre avvenne lo sbarco e poco dopo furono attaccati dai militari di Batista e la metà di loro cadde in combattimento o fu uccisa dopo la cattura.
I sopravvissuti, dodici a cui si aggiunsero dei contadini incontrati dopo lo sbarco, si riorganizzarono e fuggirono sulle montagne della Sierra Maestra, per condurre la guerriglia contro il regime.
Negli ultimi giorni del dicembre 1958 diresse l'attacco condotto dalla sua "squadra suicida" su Santa Clara. Fu una delle battaglie decisive!
Il 2 gennaio 1959 la colonna del Che entrò nella capitale di Cuba, L'Avana, e occupò la fortezza militare "La Cabana”.
Il 7 febbraio 1959, il nuovo governo nominò Guevara "Cittadino cubano per diritto di nascita".
In seguito, Guevara divenne dirigente dell'Istituto Nazionale per la Riforma Agraria e poi presidente della Banca Nazionale di Cuba.
Non condivideva l’ortodossia del comunismo sovietico. E anzi, nel 1962, quando Nikita Kruscev, senza dire nulla a Fidel Castro, ritirò i missili da Cuba, lo ritenne un tradimento. “I paesi socialisti hanno il dovere morale di liquidare la loro tacita complicità con i paesi sfruttatori del mondo occidentale”, aveva detto nel suo ultimo discorso pubblico.
Guevara, durante i primi giorni di ottobre, ormai con poche informazioni, senza viveri e con scarse vie di scampo, si rifugiò in un canalone dove fu circondato dalle forze militari. Qui fu catturato dall'esercito boliviano, assieme ad altri guerriglieri, l'8 ottobre del 1967 a pochi km dal villaggio di La Higuera. Si arrese dopo essere stato ferito alle gambe. Essendo disarmato, avrebbe detto: “Non sparate. Sono Che Guevara. Posso esservi più utile da vivo che da morto”.
Che Guevara fu ucciso nel primo pomeriggio successivo, il 9 ottobre 1967. Fu scelto a sorte tra alcuni volontari, Mario Terán, un sergente dell'esercito. Su quanto accadde dopo, esistono diverse versioni. Qualcuno dice che Terán era troppo nervoso, al punto di uscire dal locale e dover essere ricondotto dentro a forza. Per altri, non volle guardare Guevara in faccia, così da sparargli alla gola, ferita che sarebbe stata fatale. Per altri ancora, il sergente avrebbe avuto bisogno di ubriacarsi, al fine di portare a termine il compito. La versione più accreditata dai simpatizzanti racconta che Guevara ricevette diversi colpi d'arma da fuoco alle gambe, sia per evitare di deturpargli il volto e ostacolarne l'identificazione, sia per simulare ferite in combattimento, così da nascondere l'esecuzione sommaria del prigioniero. Il colpo di grazia al cuore, fu sparato da Felix Rodriguez. Guevara pronunciò diverse parole prima della morte.
Il suo corpo fu legato ai pattini di un elicottero e portato a Valle Grande, dove venne adagiato su un piano di lavaggio dell'ospedale e mostrato alla stampa.
Il 15 ottobre Castro riconobbe pubblicamente la morte di Guevara e proclamò tre giorni di lutto nazionale. La morte del Che fu vista come un grave fallimento per i movimenti rivoluzionari d'impronta socialista operanti nell'America latina e nel resto del terzo mondo.
La figura di Ernesto Guevara viene vista come la figura del "mito", essendo divenuto un'icona di livello internazionale per quella parte di persone che si riconoscono nei suoi ideali rivoluzionari.
Alcuni autori hanno accusato Guevara di aver commesso crimini contro l'umanità e violazioni dei diritti umani, usando l'autorità che gli era stata conferita nell'ambito dell'esercito rivoluzionario.
Oggi come oggi a mio avviso, in un modo senza idee, senza valori e senza ideali, ogni personaggio che è morto difendendo fino all'ultimo i suoi ideali rappresenta un "mito" perché tende a soddisfare il bisogno di fornire una spiegazione a fenomeni naturali o a problemi politici.

Che Guevara rappresenta la rivoluzione, la ribellione ad un sistema apparentemente immodificabile, però è anche considerato responsabile o comunque complice dei crimini commessi nella prima parte della storia della rivoluzione Cubana, dove una sconsiderata politica avrebbe determinato la miseria di molte persone a vantaggio di poche e che avrebbe spinto molti a fuggire da Cuba.
La stessa cosa vale per Mussolini che rappresenta anch'esso la rivoluzione e il ripristino dell'ordine di fronte ad un mondo governato senza regole, dove non si può far niente e si può far tutto.
Anche lui ha contribuito alle leggi razziali, ai campi di concentramento e ad i crimini di guerra in Libia ed Eritrea.

Solo che di fronte ad un scenario già considerato disastroso, si pensa che peggio di così non si possa andare e quindi l' attenzione si sposta solo sui lati positivi e risolutivi del personaggio, diventando così un mito!
Chi si nutre del motto “Hasta la victoria siempre” non si potrà mai adattare a una scrivania governativa e alle sue scartoffie.



 
Federica De Sanctis


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