E' nata a Roma il 25 dicembre 1975.
Laureata in Ingegneria ambientale master in Economia e gestione ambientale e un dottorato in tecnica urbanistica.
Lavora come tecnico nella PA occupandosi di ambiente, sostenibilità, governo del territorio ed edilizia residenziale pubblica. Oltre che di ambiente e territorio, nella sua attività politica si è occupata di diritti civili, parità di genere e rifiuti, guardando sempre alla promozione delle buone pratiche da raggiungere attraverso il rinnovamento, il merito, le competenze e la trasparenza.
Grazie alle sue competenze è stata nominata Responsabile Ambiente e Sostenibilità del PD Roma fino alle ultime elezioni amministrative quando ha deciso di candidarsi al consiglio comunale di Roma Capitale.
Con 9.221 preferenze è risultato il consigliere comunale del Pd più votato della Capitale.
Assessore Estella Marino, l'Assessorato all'ambiente è sicuramente complesso da gestire, in questo periodo è il più bersagliato dalla critica dei cittadini e comitati di quartiere, la stampa naturalmente non si è risparmiata, pero ci sembra strano che il “problema Ama” sia scoppiato in maniera prepotente e improvviso solo in questo anno, secondo lei, Assessore quale sono le vere cause?
Le cause sono molte, dalle carenze
legate agli impianti che trattano i rifiuti alla fragilità di un
sistema non progettato per il riuso, il riciclo e il recupero dei
materiali. Tutti problemi che però affondano le radici nel passato,
nella presenza di una grande discarica: ecco il tassello che ha
viziato tutto il processo di gestione.
Era tutto sommato facile e
apparentemente economico, in barba alle disposizioni e alle
indicazioni italiane ed europee, raccogliere i rifiuti per strada e
buttarli dentro una buca, con i rischi sanitari, ambientali,
economici.
Oggi Roma produce circa 3.000
tonnellate ogni giorno di rifiuti indifferenziati e riesce a trattare
esattamente questa quantità nei 4 impianti TMB (2 Ama e 2 Colari) e
nel Tritovagliatore di Rocca Cencia (Colari). A seguito della
scadenza del Commissariamento sui rifiuti, scaduto e non rinnovato il
7 gennaio 2014, infatti, Roma non può usufruire degli impianti TMB
di Viterbo, Colfelice e Albano Laziale che costituivano la cosiddetta
“ridondanza”, una valvola di sfogo per la Capitale perché
permettevano a Roma di reggere anche i momenti di stress come nei
periodi di produzione maggiore o durante guasti e interventi agli
impianti. Questo combinato di fattori ha evidenziato la fragilità e
la rigidità del sistema.
Un sistema rigido perché tutto era
programmato per la discarica, dai mezzi per la raccolta fino agli
impianti presenti in città. Un sistema fragile perché gli impianti
esistenti da molto tempo lavorano al limite delle loro capacità e,
in questo contesto, basta un piccolo guasto per creare problemi a
tutto il ciclo di raccolta e smaltimento.
Una causa dunque? Aver pensato per
troppi anni che la discarica di Malagrotta potesse essere la
soluzione allo smaltimento dei rifiuti della Capitale.
La chiusura della discarica di
Malagrotta è stata “la prima scelta vincente”.
Quando ho accettato l’incarico come
Assessore sapevo che il tema dei rifiuti sarebbe stato quello più
urgente, il nodo cruciale da trattare immediatamente. Ero altrettanto
consapevole, però, di voler lavorare per il futuro, oltre
l’emergenza, costruendo un modello sostenibile basato sulla
riduzione dei rifiuti, sul riuso dei materiali, sul recupero e sul
riciclo attraverso la raccolta differenziata. Nulla di tutto ciò
sarebbe stato possibile senza interrompere quel cordone che legava la
gestione dei rifiuti della Capitale alle sorti della discarica di
Malagrotta.
Da quella scelta si è chiuso un
capitolo e se ne è aperto uno tutto nuovo per la città. Dal rifiuto
che produceva altri scarti, al rifiuto che produrrà materie
prime-seconde: un’economia virtuosa e sostenibile.
Inoltre, occorre ricordare che già da
anni la discarica di Malagrotta lavorava in proroga nonostante la
Commissione Europea, a marzo 2013, avesse deferito l’Italia alla
Corte di Giustizia dell’Unione europea perché la discarica di
Malagrotta (e altre nel Lazio) non rispettava la legislazione UE sul
pre-trattamento dei rifiuti, costituendo una “grave minaccia per la
salute umana e per l’ambiente”. La scelta di appellarsi alla
Corte seguiva alla mancata ottemperanza del nostro Paese al sollecito
inviato dalla Commissione nel maggio 2012, a sua volta preceduto
dalla lettera di messa in mora inviata nel giugno del 2011.
Tra il suo assessorato ci sono anche i punti verde qualità, considerando gli scandali del passato, quali sono e se ci sono i reali vantaggi?
Riguardo ai Punti Verde Qualità
occorre, a mio avviso, fare una distinzione. L’idea di partenariato
pubblico-privato come strumento per lo sviluppo, la cura e la
manutenzione di aree pubbliche offre numerosi vantaggi per la
valorizzazione del bene comune e per la competitività del
territorio. Se interpretato inoltre nella direzione più condivisa,
non solo di profitto, ma di valore sociale generato e distribuito, il
partenariato si presta alla produzione di benessere e socialità.
Nel caso dei PVQ, così come li
abbiamo conosciuti, nonostante l’idea fosse sicuramente positiva,
la sua realizzazione ha incontrato le difficoltà legate a uno
strumento normativo fragile e, purtroppo, a rischio di deformazione
verso gli interessi, non sempre leciti, del privato.
I vantaggi però dell’idea generale,
se ben configurata, sono tanti e fanno leva sulla capacità delle
amministrazioni locali di collaborare con le imprese per la
promozione della competitività del territorio, del benessere locale
e degli abitanti. È importante definire obiettivi comuni, a livello
valoriale, politico e tecnico e configurare gli strumenti per attuare
i suddetti obiettivi, verificando gli effetti della loro
realizzazione con un chiaro investimento nei controlli.
In una città grande, complessa e
ricca di aree verdi come Roma, la valorizzazione di questi spazi deve
adottare diverse formule: in primis l’impegno dell’amministrazione,
poi la collaborazione con cittadini e associazioni attraverso
l’adozione di aree verdi, gli orti urbani e le formule di
sponsorizzazione e partenariato pubblico-privato per valorizzare gli
spazi e per migliorarne la fruizione da parte dei cittadini.
A oggi, avendo ereditato una
situazione molto complicata, stiamo lavorando a soluzioni che
permettano agli operatori in regola e con progetti validi di
continuare nel loro lavoro e ai cittadini di poter usufruire di
maggiori servizi anche nelle aree verdi nella propria città
Il patrimonio arboreo della città è
di oltre 330 mila alberi, molti dei quali a fine ciclo vitale, con
esemplari, in alcuni casi, risalenti ai primi anni del ’900: un
patrimonio importante che richiede attenzioni e cure dai punti di
vista naturalistico-ambientale e della sicurezza urbana. Nel contesto
urbano le piante, soggette al naturale invecchiamento, devono fare i
conti con l’inquinamento, i terreni impermeabilizzati, le frequenti
potature dettate dal bisogno di sicurezza, i tagli delle radici per
interventi stradali e diversi altri fattori che aumentano il rischio
di malattie e stress delle piante riducendone l’aspettativa di
vita.
Gli interventi necessiterebbero di
risorse maggiori rispetto a quelle attualmente disponibili per
valorizzare questo patrimonio. Proprio per questo motivo abbiamo
richiesto che nel prossimo bilancio vengano previsti fondi per un
Piano quinquennale di manutenzione, sostituzione e piantumazione di
nuove essenze e siamo impegnati a trovare soluzioni alternative,
prevedendo la partecipazione attiva dei cittadini con progetti come
“Dona un albero” già sperimentata in altre città come Torino.
Inoltre, dopo anni di inerzia
dell’amministrazione, stiamo lavorando per chiudere e approvare il
Regolamento del verde urbano per dare un quadro di riferimento agli
interventi sia pubblici che privati.
Tornando all'annoso problema dei rifiuti, considerando anche la grande inciviltà del cittadino, il problema comunque è reale, Lei Assessore pensa che il problema sia realmente risolvibile e in che modo?
I rifiuti non devono più
rappresentare un problema, ma devono diventare una risorsa,
un’opportunità industriale, ambientale ed economica. Questo è
l’obiettivo che vogliamo raggiungere e abbiamo tutte le carte in
regola per farlo, nonostante i tanti anni di ritardo con cui Roma
finalmente intraprende questa strada.
La sfida, infatti, non è legata
solamente alla modifica di un servizio di raccolta dei rifiuti, ma al
cambiamento di un intero settore industriale. Superare il tema della
discarica unica, sistema monopolistico per definizione, significa
restituire a questo settore industriale una nuova vitalità che lo
preservi inoltre dal rischio di infiltrazioni mafiose,
statisticamente presenti soprattutto nei segmenti meno
tecnologicamente avanzati (le discariche), spostando il focus sul
recupero e sul riciclo.
La strategia richiede di aumentare il
materiale raccolto in maniera differenziata che, recuperato e
riciclato, costituisce una materia prima secondaria in un Paese che,
come il nostro, è fortemente bisognoso di materie prime. Questo
percorso può realizzarsi se si verificano tre fattori.
Il primo importante fattore è la
sensibilizzazione: cittadini sempre meglio formati, informati e
consapevoli (il ciclo dei rifiuti inizia nelle case di ciascuno di
noi) dei programmi per prevenire la produzione di rifiuti, degli
obiettivi della loro gestione e del destino finale dei materiali che
con tanto impegno vengono differenziati.
Il secondo fattore è la presenza di
adeguati impianti di trattamento dei materiali, impianti di cui Roma
è attualmente carente, ma verso il quale abbiamo chiesto ad Ama di
investire e il nuovo piano industriale, di cui in questi giorni
abbiamo condiviso le linee guida con sindacati e Municipi, ne è
dimostrazione.
Il terzo fattore è un’azienda sana
e competitiva, che faccia bene e con orgoglio il proprio compito
fornendo un adeguato servizio di raccolta differenziata, pulizia e
decoro della città.
Non credo, i disagi registrati in
questi mesi hanno tante cause che, come dicevamo, affondano nel
ritardo e nella superficialità con cui il tema dei rifiuti è stato
affrontato negli anni passati.
Roma Capitale affida ad Ama molti tra
i servizi più importati della città e Ama S.p.A. è il più grande
operatore italiano del settore con al suo interno un elevato numero
di dipendenti specializzati e professionali. È chiaro che se Ama non
fa bene il proprio lavoro a rimetterci sono i cittadini e gli stessi
lavoratori. In questi mesi infatti, accanto all’impegno dei
singoli, ho trovato un’azienda con tante difficoltà, in alcuni
momenti screditata agli occhi dell’opinione pubblica e con il
morale a terra. Chiedere di mettere mano alla sua riorganizzazione è
stato un passo obbligato proprio per ridare vitalità, efficienza e
competitività a un’azienda così importante.
Come accade in ogni riorganizzazione
aziendale, anche nel caso di Ama ci sarà sicuramente qualche caso di
resistenza alle politiche di rinnovamento e di efficientamento o,
semplicemente, al tentativo di cambiamento. Ma credo che tutte le
azioni intraprese fino a oggi siano improntate al buon senso e
condivise dalla maggioranza dei lavoratori con i quali cerchiamo
costantemente il confronto. Ogni singola lavoratrice e ogni singolo
lavoratore di Ama è interfaccia tra i cittadini e l’azienda e il
lavoro di tutti è fondamentale come il sentirsi parte di una squadra
che deve essere costantemente formata e informata sugli obiettivi da
raggiungere e sugli strumenti per raggiungerli. Comportamenti
scorretti danneggiano tutti, i singoli, l’azienda, la città e i
suoi cittadini, a cominciare dalla classe dirigente che è tenuta,
data la sua posizione gerarchica, a essere di esempio. Per questo
motivo abbiamo voluto una valutazione interna indipendente su
dirigenti e quadri per riassegnare compiti e mansioni sulla base
delle professionalità individuali e, allo stesso tempo, verificare
anomalie retributive e legare eventuali bonus al raggiungimento di
obiettivi chiari e pubblici, partendo comunque da un taglio delle
retribuzioni dei dirigenti fino al 10%.
Beh, non è così, nei 5 Municipi
(III, VI, IX, XI, XIII) già raggiunti dal nuovo servizio di raccolta
a 5 frazioni (carta, vetro, multimateriale, organico,
indifferenziato) la percentuale di raccolta differenziata è
aumentata sensibilmente. Proprio in questi giorni abbiamo diffuso i
dati che dimostrano un aumento medio del 22% di raccolta
differenziata con Municipi (come il IX) che raggiungono già oggi il
59% di differenziazione dei materiali. In questi Municipi direi
proprio che la raccolta differenziata è decollata soprattutto se si
pensa che sono coinvolte quasi 1 milione di persone. Entro la fine di
quest’anno il nuovo modello raggiungerà altri cinque Municipi (da
giugno IV e XII, da settembre VIII, X e XIV) e le persone coinvolte
saranno oltre 1,8 milioni.
Nel resto della città c’è stato
comunque un incremento considerevole. Il 2012 si era chiuso con un
picco massimo della raccolta differenziata vicino al 30%, il 2013 si
è chiuso con un dato puntuale registrato a dicembre e consolidatosi
nei primi mesi del 2014 del 38,68% di raccolta differenziata.
Roma Capitale ha un orizzonte però
ben più virtuoso: l’obiettivo più vicino è raggiungere il 50% di
raccolta differenziata a fine anno e, come dimostrano i dati diffusi
in questi giorni, è un obiettivo alla nostra portata.
La definizione e la mappatura dei
cassonetti, a oggi oltre 70 mila in diminuzione (per la
riorganizzazione della raccolta differenziata), è prevista da Ama e
quanto più condivisa con i Municipi in base alla morfologia del
territorio, al numero di utenze private e commerciali,
all’organizzazione del servizio che tiene conto del combinato
mezzi, risorse umane, impianti e alla raccolta storica, zona per
zona. Roma infatti ha una popolazione residente di circa 2.800.000
abitanti, ma un numero di persone che quotidianamente vive la città,
e dunque produce rifiuti, ben più alto. Circa 4-5 milioni di persone
se consideriamo turisti, pendolari, studenti e i molti manifestanti
che quotidianamente ricordano ai cittadini romani di trovarsi nella
Capitale d’Italia. Roma, infatti, accoglie ogni anno circa 2 mila
manifestazioni tra vertici nazionali e internazionali, conferenze,
cortei, comizi e raduni di vario genere e, non a caso, nel resto del
mondo, le Capitali degli Stati ricevono normalmente contributi
maggiori delle altre città per questo importante ruolo.
Un censimento che porterà sicuri e
reali vantaggi a breve termine sarà quello mirato al recupero
dell’evasione con l’aggiornamento delle reali utenze servite.
L’evasione infatti è un duplice cancro per questo tipo di servizi:
da una parte contribuisce all’aumento generale della tariffa,
dall’altra provoca tangibili disagi ai servizi di raccolta e
smaltimento dei rifiuti che devono fare i conti con una considerevole
percentuale di utenti reali ma invisibili e pertanto non calcolabili
in fase di prevenzione e organizzazione dei turni di raccolta.
Vi posso assicurare che siete in
ottima compagnia di persone “contro corrente”, non tanto in
riferimento al mio lavoro o di AMA, ma perché aumenta il numero di
cittadini che vogliono informarsi e capire, che vogliono vincere la
sfida della raccolta differenziata, che vogliono avere una città
pulita e decorosa, che vogliono un’amministrazione trasparente e
che li coinvolga nei processi decisionali e attuativi.
Tornando alle domande, statisticamente
la percentuale di assenze in Ama è sopra la media nazionale. A
inizio mandato il presidente Fortini ha trovato un dato intorno al
19% sul quale ha iniziato a lavorare da subito, arrivando così alla
percentuale del 15% comunicata in questi giorni. Si tratta, quindi,
di un fenomeno in diminuzione e sottoposto, oggi più che in passato,
alle verifiche interne per valutare i casi più anomali. Occorre
certamente individuare chi, operando scorrettamente, arreca danni
all’azienda e disagi al cittadino, ma ancor più occorre
valorizzare i lavoratori che con impegno si fanno spesso carico anche
di quei disagi o delle condizioni di lavoro non ottimali. Su quei
lavoratori vogliamo investire con percorsi di crescita e formazione.
In un periodo di forte instabilità
economica e sociale l’ambiente e la sua salvaguardia sono la nostra
scommessa per il futuro. La cura e la pulizia del territorio sono
azioni fondamentali per l’ambiente urbano e la tutela delle
condizioni igienico-sanitarie e, dunque, in una sola frase: per la
qualità della vita di tutti noi.
È un orgoglio per me lavorare a
questo obiettivo e da subito, guardando alla strategia europea sui
rifiuti, abbiamo messo in moto un importante cambiamento nelle
politiche ambientali di Roma Capitale. Si tratta di un cambio di
passo radicale che punta sul riuso, sul recupero e sul riciclo e che
Ama è chiamata a realizzare per far diventare Roma una capitale
europea anche nel settore dei rifiuti. Questo, oggi, è il mio
impegno più importante.
T.P.
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