Gli
italiani sono sempre più in rosso e non pagano più.
Nel
cassetto finiscono la rata del mutuo o l’affitto ma anche le
bollette per beni di prima necessità come acqua, luce e gas, anche
il consumo di latte, pane, pasta, poi la carne è un lusso per pochi.
La
montagna degli insoluti è sempre maggiore.
Ad
oggi la classe povera non è più rivolta all'estracomunitario o al
rom, il pensionato, risaputo anello debole del sistema societario, ma
ha colpito in maniera dvastante il ceto medio, un rapporto della
CARITAS del 2014 riporta dati che definirli allarmanti è
estremamente riduttivo.
Cresce
la percentuale di persone in situazione di povertà, che nel 2012
erano il 30,4% il 66% di chi chiede aiuto dichiara di non riuscire a
provvedere all'acquisto dei beni di prima necessità.
Sono
perlopiù italiani, divisi equamente tra uomini e donne.
Cresce
la povertà infantile, di oltre cinque punti superiore alla media
europea, questa è la fotografia ad oggi.
Rapporto
2014 della Caritas
italiana sulla
povertà e l'esclusione sociale intitolato “False partenze”, in
occasione del convegno nazionale delle Caritas Diocesane.La Caritas sottolinea, come in particolare l’innalzamento dell’età pensionabile e il mancato adeguamento di sei milioni di pensioni ai cambiamenti del costo della vita abbiano avuto un impatto negativo sulle famiglie italiane.
In
un periodo in cui i giovani trovano con difficoltà lavoro e sono in
gran numero disoccupati, facendo quindi diventare il contributo dei
pensionati ai redditi familiari ancora più importante.
Un
record
di crescita negativo, l’Italia lo fa registrare per la percentuale
di persone in situazione di povertà, che nel 2012 erano il 30,4%
(18,5 milioni),
al ventunesimo posto nella classifica dei paesi peggiori per quanto
riguarda questo indicatore nell’UE a 28.
Fra
il 2010 e il 2011, nessuno Stato membro ha registrato una crescita
dei poveri alta come quella verificatasi in italia.
Come
se non bastasse, mentre in Italia è molto alto il rischio di
trovarsi in situazione di povertà, è molto difficile poi uscirne.
Si
registrano altri nuovi poveri che sono quelli che escono dopo la
rottura dei rapporti coniugali, infatti, il
66,1% dei separati che si rivolgono alla Caritas dichiara di non
riuscire a provvedere all'acquisto dei beni di prima necessità.
Prima della separazione erano solo il 23,7 per cento.
Il
peggio, poi, è che le previsioni per quest’anno sono di un
ulteriore balzo in avanti delle pratiche affidate al recupero crediti
(+6-8%).
Tra
le regioni più indebitate Sicilia, Campania, Lombardia, Lazio e
Puglia.
E
tornano in gran voga le famigerate cambiali.
A
fotografare l’Italia del debito non pagato sono i dati diffusi oggi
dall’Unirec, l’associazione che riunisce le principali società
di recupero crediti, circa 200 che corrispondono al 90% del settore.
Gli
agenti delle società di recupero, dice il Rapporto 2013, hanno ormai
tra le mani 3 milioni di pratiche al mese relative a debiti non
pagati da famiglie e imprese che faticano sempre di più a onorare le
proprie obbligazioni e rimborsare i prestiti contratti, in una
situazione che assume sempre più i contorni
dell’emergenza
sociale.
Una
vera e propria catastrofe.
L’ammontare
di crediti scaduti e non pagati affidati alle aziende di riscossione
è salito a 35 milioni di pratiche affidate, le pratiche relative
alle sole famiglie sono 29 milioni, pari a 24 miliardi di euro.
La
composizione indica in 25,4 miliardi le pendenze con il settore
bancario e finanziario relative a rate di prestiti, acquisto di beni
di largo consumo, rate di mutui, scoperti bancari, certe di credito
revolving e canoni leasing.
Bollette
insolute per beni di prima necessità come luce, acqua, gas e
telefono pesano per 14,6 miliardi.
A
questa situazione, di per sé allarmante, va aggiunto il dato che
segnala un mutamento significativo, anche dal punto di vista del
costume sociale, del forte ritorno all’uso delle cambiali.
L’ultima
cattiva notizia è che, nonostante l’aumento dei crediti insoluti,
le previsioni di incasso dei recuperatori professionali sono
negative: aumenta cioé il differenziale tra affidamenti ed effettivi
recuperi (-11%).
Naturalmente
tale situazione è stata determinata da anni e anni di belle parole, la crisi non
“ESISTE”, di “RI-PRESA”, di “LUCE IN FONDO AL TUNNEL”, di
“CRESCITA”.
In
questo paradosso tipico di noi italiani la crisi è stata assorbita
dalla classe media che oggi è la classe povera.
Bisognava
intervenire molto tempo fa, ma il risultato è stato un vero
immobilismo.
Il
vero problema è di una classe dirigente oramai da lungo lunghissimo
tempo scollata dalla realtà.
Di una inadeguatezza imbarazzante che vive di proclami, di vantaggi e agevolazioni.
Questo
è il vero dramma dell'Italia, ancora oggi la luce che vediamo in
fondo al tunnel è il treno che ci sta venendo in contro.
T.P.
T.P.
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