Villa
Lazzaroni è un importante esempio di trasformazione, alla fine del
secolo XIX, di un insediamento agricolo e produttivo del suburbano di
Roma in residenza padronale, fenomeno molto diffuso in quell'epoca.
Situata nel tratto urbano della via Appia Nuova, è frequentata dai
cittadini della zona che qui trovano, nell'edificio principale della
villa, la sede del IX Municipio.
Dove
si trova: Municipio IX, quartiere Appio - Latino
Epoca:
fine XIX secolo
Estensione:
54000 mq
Ingressi:
via Appia Nuova 520, 522, via Tommaso Fortifiocca 25,27 e 31,71
(ingressi al parcheggio)
Sembra
plausibile datare l'acquisizione dell'area e la trasformazione
dell'edificio da parte della famiglia Lazzaroni agli ultimi decenni
del sec. XIX. All'epoca i Lazzaroni, famiglia di nuove fortune,
titolata di baronia motu proprio di Umberto I dell'aprile 1879,
risultavano proprietari del Palazzo Grimaldi a largo dei Lucchesi e
di alcune tenute nell'Agro romano, come quelle di Tor di Quinto e
Leprignana. La realizzazione di una villa "di delizia" era
quindi indispensabile per completare l'immagine dei neoaristocratici
in cerca di legami, almeno simbolici, con la grande nobiltà romana
dei secoli precedenti.
I
lavori di ristrutturazione effettuati nella vigna sulla via Appia
Nuova si limitano comunque all'ampliamento del casale rustico
preesistente. L'intervento di riqualificazione dell'edificio fu
incentrato sulla decorazione del prospetto settentrionale e
l'inserimento di un corpo occidentale per dotare l'edificio di un
grande salone da adibire a balli e ricevimenti. Il parco fu una
creazione originale dei Lazzaroni, concepito come ricco giardino
padronale, seguendo il gusto paesaggistico eclettico tipico della
fine del secolo scorso. Si possono ancora riconoscere quattro fontane
rustiche, a scogliera di tufo, sistemate nei punti cruciali del
sistema viario; due, circolari, coronano gli slarghi prospettici che
raccordano i diversi percorsi, altre due abbelliscono, assieme ad
alcune aiuole, le aree antistanti il prospetto nobile e il salone dei
ricevimenti. L'accurata selezione delle essenze botaniche andrebbe
collegata alle attestate competenze in materia di giardinaggio del
barone Michele. Sono oggi presenti alcuni vecchi ulivi, che
testimoniano l'origine agricola della villa, allori, un mandorlo di
130 anni, pini da pinoli e pini di Aleppo, abeti, tassi ad ombrello.
Elementi di impronta esotica sono la Pawlonia tomentosa, araucaria,
Acacia karoo, Lagerstroemia, albero di Giuda, Gingko biloba.
Dagli inizi del '900 alterne vicende hanno alterato l'aspetto e le proporzioni del complesso. Già nel 1908 esso venne utilizzato come ricovero per gli orfani del terremoto di Messina. Scongiurato nel 1930 il pericolo di una probabile lottizzazione dei terreni, la Villa passò, dopo l'ultima guerra, in proprietà dalla Provincia Italiana dell'Istituto delle Suore Francescane Missionarie di Maria, che ampliarono l'edificio principale. Nel 1960-61 vennero, inoltre, costruiti un orfanotrofio (poi diventato asilo) e una chiesa (oggi trasformata in teatro).
Sempre in quegli anni, con una permuta vennero ceduti al Comune 2 ettari di parco a nord, e venne realizzato un muro divisorio tra le due proprietà con il risultato di alterare pesantemente l'aspetto del giardino. La successiva risistemazione del giardino cambiò ulteriormente l'assetto paesaggistico con l'inserimento di nuove attrezzature (pista di pattinaggio, campi di bocce, giochi per bambini), ma soprattutto di nuove alberature estranee alla sistemazione originaria.
Dagli inizi del '900 alterne vicende hanno alterato l'aspetto e le proporzioni del complesso. Già nel 1908 esso venne utilizzato come ricovero per gli orfani del terremoto di Messina. Scongiurato nel 1930 il pericolo di una probabile lottizzazione dei terreni, la Villa passò, dopo l'ultima guerra, in proprietà dalla Provincia Italiana dell'Istituto delle Suore Francescane Missionarie di Maria, che ampliarono l'edificio principale. Nel 1960-61 vennero, inoltre, costruiti un orfanotrofio (poi diventato asilo) e una chiesa (oggi trasformata in teatro).
Sempre in quegli anni, con una permuta vennero ceduti al Comune 2 ettari di parco a nord, e venne realizzato un muro divisorio tra le due proprietà con il risultato di alterare pesantemente l'aspetto del giardino. La successiva risistemazione del giardino cambiò ulteriormente l'assetto paesaggistico con l'inserimento di nuove attrezzature (pista di pattinaggio, campi di bocce, giochi per bambini), ma soprattutto di nuove alberature estranee alla sistemazione originaria.
Nel
1979 il Comune di Roma acquisì tutta l'area, ristrutturò l'edificio
padronale adibendolo a sede degli uffici della IX Circoscrizione e
abbatté il muro divisorio.
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